SCRUTARSI
Guardarsi negli occhi è un'operazione insieme semplice e complessa, spontanea e terribilmente intima perché implica una reciproca disponibilità a indagare nel profondo più di quanto non si creda. Gli occhi, d'altronde, sono ciò che si guarda di più in una persona ed è questa la ragione per cui nei ritratti una particolare importanza. Lo sa bene Milena Barberis che li ha messi al centro di un suo lavoro di ricerca intrigante e intenso che già nel titolo L'ossessione del bello mutante vuole introdurci in un viaggio che parte da lontano e scava nel profondo. Per arrivare a realizzarlo partito ha compiuto un lungo e sentito percorso dalla pittura e poi approdato alla fotografia e quindi al digitale dapprima per appropriarsi degli strumenti tecnici e linguistici e poi per conquistare una precisa consapevolezza espressiva. Se la determinazione con cui ha affrontato gli studi alla School for Visual Art di New York è figlia di una scelta razionale, una volta indirizzata su un progetto Milena Barberis si fa dirigere da un dichiarato afflato emotivo, preferisce soffermarsi sui particolari, dare peso alle piccole trasformazioni, muoversi con delicatezza per poter giungere infine ai risultati per lei convincenti. Qui lavora a togliere con un singolare punto di partenza, quello di una sola fotografia scattata alla sua modella che, moltiplicandosi decine di volte, si trasforma in una moltitudine di donne. C'è molto di musicale in questa ricerca perché ogni ritratto è una variazione sul tema e l'insieme di tutti risuona delle moltissime possibilità che il mondo ci offre. Perché nessuno di noi è costretto in una sola definizione ma, al contrario, appare ed è contemporaneamente tante persone quanti sono i suoi sentimenti del momento, i modi con cui reagisce agli stimoli della vita, le espressioni che emergono dal profondo del suo animo. Così quegli occhi spalancati di fronte a noi che li osserviamo troppo stupiti della loro grandezza eccessiva dal punto di vista fisico ma coerente da quello emotivo, ci guardano con coraggio e forse improntitudine. Ci chiedono chi siamo, ci interrogano per capire se sappiamo cosa vuol dire guardarsi in uno specchio per scorgere l'inquietudine che emerge quando ci si osserva troppo a lungo. Così, come nel cortocircuito visivo creato nei nostri antenati quando erano di fronte ai primi dagherrotipi, non sappiamo con sicurezza se osserviamo o siamo osservati.
LOOK AND BEHOLD
When two people gaze into each other’s eyes it’s both a simple and complex process; it’s a spontaneous act and yet terribly intimate, as it implies a mutual willingness to probe deeper than one might think. After all, the eyes are what one looks at the most in a person, which is why they are so important in portraits. Milena Barberis is well aware of this and has placed them at the centre of her intriguing and intense research as an artist. Already, the very title “L’ossessione del bello mutante” (The Obsession of Mutant Beauty) seems to invite us on a journey that starts from afar before delving deep into our innermost being.In order to do this, the artist has followed a long, emotional journey, starting with the fine arts and then moving on to photography and digitalisation in order to master technical and linguistic tools and then develop her own expressive awareness. While the determination Milena Barberis showed during her studies at the School for Visual Art in New York was the result of a rational choice, now, every time she starts a new project, she lets herself be guided by a precise emotional inspiration, preferring to dwell on details and give weight to even the smallest of transformations, moving with great delicacy to achieve a convincing final result.In this case she adopts a singular starting point, namely just one photograph of her model. This she multiplies many times over to turn it into a multitude of women. And there is a lot of musicality in her investigation: each portrait is like a variation on a theme, each resonating with the many possibilities this world offers us. Indeed, none of us is bound by a single identity, but, on the contrary, can assume many different guises depending on how we are feeling at the time, how we react to what life has in store for us and how we wish to express the very depths of our soul.So, as we look at those wide-open eyes, we should view them as being coherent with the emotions being expressed and not just be struck by their excessive physical size. They are staring at us with courage and perhaps even impertinence. They seem to ask just who do we think we are, they question us to see if we really know what it means to look in a mirror and experience that uneasiness that comes from scrutinising ourselves for too long. And so, just as our ancestors experienced a ‘visual short-circuit’ when looking at themselves in the early daguerreotypes, we are no longer sure whether we are the observers or the observed.
Roberto Mutti
“In prima battuta gli occhi ci guardano insistenti e malinconici ma anche coraggiosi, non riesci a eludere lo sguardo della ragazza; abbiamo tante facce dentro di noi, questi occhi ti ingaggiano, ti catturano, ti mettono in discussione”. Così afferma Milena Barberis, a fronte della sua installazione scelta per questa mostra. Una forza perturbatrice, inattesa, emana dallo sguardo attonito del soggetto dal volto diafano, lunare, su uno sfondo neutro, atemporale e silenzioso: un contesto sospeso che suscita nell'osservatore un'esperienza straniante, la stessa che oggi noi protagonisti oscuri di una sempre più difficile quotidianità, viviamo in questo tempo incerto e ansiogeno. Come se un procedere tecnologico senza limiti, potesse dar luogo a un immaginario futuro ambiguo e inquietante dove “l'uomo nuovo” privato da emozioni e sentimenti, non riesce a trovare un senso alla propria unicità. C'è tuttavia una generosità nell'immaginazione, che è poi la scelta dell'artista di mettere al centro della propria arte l'esigenza di oltrepassare il soggetto a favore dell'invenzione: le elaborazioni fotografiche di Milena Barberis, caratterizzate da purezza formale ed essenzialità sono infatti un'invenzione artistica potente. Se da un lato prefigurano un disagio, un'incertezza che insidia anche l'identità femminile, riaffermano al contempo il proposito di non farsi rubare la ricerca autonoma di sé, in uno scambio vitale con l'altro/a. Ovvero, dopo essersi riconosciuti, provare a cambiare la prospettiva.
“The initial impression is that her eyes are staring at us, insistent and melancholic, yet also courageous. We can't escape the girl's gaze. We each have several inner faces and these eyes engage us, capture us, and question us.” This is what Milena Barberis says regarding her installation for this exhibition.A disturbing, unexpected force emanates from the astonished look on the girl’s moonlike, translucent face, set against a neutral, timeless and silent background: a suspended context that triggers an alienating experience for the observer, reflecting our own perplexity today, as we live through these uncertain and anxious times. It is as though endless technological progress can give rise to an ambiguous, troubling imaginary future where the “New Man” is deprived of emotions and feelings, unable to make sense of his own uniqueness. There is, however, a certain generosity of imagination, which can be seen in the artist's choice to shine a spotlight on the need to go beyond the subject itself and focus on invention. Indeed, Milena Barberis reworks her photographs to create images of formal purity and essentiality: a powerful artistic invention. While it is true that, on the one hand, they foreshadow the discomfort and uncertainty that typically undermines a woman’s sense of identity, on the other they manage to reaffirm an intention not to allow anyone or anything to detract from her autonomous efforts to find herself, thanks to vital exchange with others. That is, after recognizing and appreciating each other, attempting to alter perspectives.
Cristina Rossi